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Girovago Rondella

Per questa storia dobbiamo tornare indietro di più di vent’anni, la fine dell’estate del 1988 o giù di lì. Lavoravo con la mia barca tra l’isola di Rodi e la Turchia. L’ultimo charter si era concluso ad Antalya alla fine di Settembre e dopo la solita giornata di riposo di fine stagione, i miei compagni ed io partimmo subito verso ovest: dovevamo raggiungere Rodi al più presto per gli approvvigionamenti, poi la Spagna per far cantiere e infine attraversare l’oceano Atlantico per arrivare ai Caraibi entro dicembre ed iniziare la stagione invernale. Da Antalya alla Martinica, ora non mi ricordo quante miglia, 5000,|6000, tante miglia.
A bordo con me c’erano Sonia e Gillo, l’equipaggio che mi accompagnava in quegli anni. Partimmo all’alba con il canto del muezzin e il cielo di tutti i colori. Dopo qualche miglio a motore, il vento si mise a soffiare da ovest, giusto sul naso, e a rinforzare. Alle undici del mattino c’erano 35 nodi di vento contrario e noi avevamo fatto poco più di 20 miglia. Continuammo a saltare quelle onde corte fino all’indomani mattina quando finalmente arrivammo a Rodi esausti e naturalmente bagnatissimi oltre che tesi e preoccupati per il ritardo perché avevamo ancora tutto il mediterraneo e tutto l’atlantico da attraversare. | Scesi a terra per comprare olio e filtri del motore che volevo cambiare prima di ripartire, così mi avviai a piedi sul molo verso il negozio di ricambi auto. Appena fuori dal porto vidi che c’era uno spettacolo di strada, era il mio amico Marco detto Girovago che intratteneva i passanti con la sua valigia magica. Passai sorridendo, ma senza fermarmi poiché, appunto, ero teso e pieno di pensieri. Non trovai i filtri, dovetti cercare a lungo in diversi concessionari per almeno due ore, poi finalmente tornai a bordo più nervoso di prima, ma per fortuna con i ricambi di cui avevo bisogno. |Passammo tutta la giornata a preparare la barca per la traversata del mediteraneo. Oltre al servizio del motore, dovemmo cucire la randa che si era strappata con il ventaccio della notte precedente e poi pulire, fare la spesa, insomma il solito culo quadrato che ci si fa in quelle occasioni specie se hai fretta e appuntamenti di lavoro. Intanto il vento non aveva mai smesso di soffiare, ma noi eravamo decisi a partire l’indomani mattina all’alba e raggiungere la Spagna al più presto, in massimo dieci o dodici giorni ed altrettante notti. Nel tardo pomeriggio Girovago, che aveva terminato i suoi spettacoli, venne sul| molo con la bicicletta e passò davanti alla barca gridando: – Hey amici naviganti, stakanovisti del mare, stasera tutti a cena a casa mia, ho una sorpresa che non potete perdere. Mi raccomando vi aspetto! – girò la bici e si diresse senza fermarsi verso la città vecchia dove si trovava casa sua. Noi, per quanto contenti dell’invito, pensammo che eravamo troppo stanchi e probabilmente non saremmo andati a quella cena. Finimmo i lavori e dopo una doccia in coperta crollammo tutti e tre seduti in pozzetto, stanchissimi. Come potevamo non accetare l’invito di Girovago? Non lo vedevamo dall’anno precedente e lui| e sua moglie Federica, detta Rondella, erano tra gli amici più cari che avevamo su quell’isola anche se ci si vedeva di rado e poi lo spettacolo con la valigia era affascinante, chissà cos’era quella sorpresa di cui aveva accennato. Insomma, un po’ per l’amicizia, un po’ per la curiosità, ci avviammo verso la città vecchia con il mio sax in spalla.
Ci fu un tramonto tutto rosso, il vento forte rinfrescava l’aria, mi sembrò il primo tramonto di fine estate,era infatti l’inizio dell’autunno, ma per me, preso dall’ansia delle miglia che ancora dovevamo percorrere, quello era già l’inverno che si avvicinava veloce e | l’ansia che avevo dentro a quel punto era insostenibile. Per fortuna che c’ero abituato, vivevo così da anni ormai, tra charter e traversate oceaniche, non per niente ci chiamavano “stakanovisti” del mare! Entrati nella città vecchia fummo travolti dal flusso dei turisti, migliaia di persone che passeggiavano serene in vacanza e noi sempre più tesi. Poi però, per raggiungere casa di Girovago e Rondella, uscimmo dal flusso principale e ci infilammo nelle stradine deserte dove i turisti non si inoltravano perché buie e non segnalate.
Una fiaba, una via di mezzo tra una medina araba e una città medievale costruita dai crociati.| Rallentammo il passo, incontrammo una coppia di gatti randagi in amore e finalmente sentii il respiro calmarsi e il cuore battere a un ritmo quasi normale. Sbagliammo un paio di vicoli, dovemmo tornare indietro, poi ancora un vicoletto e finalmente sentimmo nel buio la fisarmonica di Girovago che suonava una canzone francese, una musica da circo che lui usava per i suoi spettacoli. Presi il sax e mi misi a suonare la stessa canzone, lui mi rispose e a battute di musica trovammo la casa in un altro vicoletto buio. Entrammo trionfanti tra le note della fisarmonica e quelle del mio sax. |A quel punto non c’era più stanchezza, solo voglia di vivere. Girovago e Rondella hanno la capacità di farti tornare bambino, un entusiasmo, una passione e una determinazione da fare invidia anche agli avidi arrivisti che rinunciano alla vita per i soldi, e io ero ormai uno di quelli anche se incosapevolmente. Ma loro no, non rinunciavano alla vita. Rondella e Girovago sono la vita! La casetta nella città vecchia, piena di pupazzi, marionette e strumenti musicali non può che ispirare e allora altra musica, danze e canzoni varie, sempre intercalate da quel pezzo francese da circo che divenne la colonna sonora della serata.| Nel mezzo della stanza, tra i colori dei pupazzi e il suono degli strumenti musicali, c’era la sorpresa promessa: una carrozzina ben coperta dove Rugiada, la loro prima figlia di circa due mesi, dormiva felice. Baci abbracci, canzoni, cibo buono, ancora musica per ore e la piccola Rugiada che dormiva, o forse ci ascoltava proprio lì, in mezzo alla stanza fino alle due di notte.
Quando mi accorsi dell’ora, mi tornò l’ansia, poi Girovago disse: -Ragazzi domani abbiamo uno spettacolo in un paesino proprio al centro dell’isola, potreste venire anche voi con il sax del capitano e la tromba di Sonia, così mi |date una mano perché Rondella sarà occupata con la bambina. Cosa ne dite? – Sonia che aveva lasciato la tromba in barca e quasi non la suonava mai, fece un salto di gioa: – Fantastico! – disse. Guardai Gillo che già sorrideva, ma la mia ansia di lavoratore scrupoloso si fece fortissima e dissi solo: – Non se ne parla nemmeno! Dobbiamo partire all’alba per andare in Spagna e poi ai Caraibi, vi rendete conto di quante miglia abbiamo da percorrere? Andiamo a dormire che è meglio. –
Misi nervosamente il sax nella custodia e cominciai a guardare torvo i miei compagni di viaggio fino a che Gillo e |Sonia non poterono che alzarsi e dare inizio ai saluti di commiato. Lasciammo quella casa di sogni colorati sotto gli occhi delusi di Girovago e Rondella. Camminammo tra i vicoli bui e le piazzette fiorite di quella vecchia città fino a raggiungere il porto, senza mai parlare, tutti e tre incantati dalla bella serata e dalla città medievale. Giunti a bordo, crollammo a dormire. Avevamo alle spalle quarantotto ore di lavoro duro più la serata di sogno passata con gli amici.
Mi svegliai all’alba con il rumore di una forte raffica di vento che fischiava sull’albero, aprii gli occhi e cominciai a |cantare quella canzone francese che la sera prima avevamo suonato tante volte, feci un sorriso ai miei compagni che si stavano svegliando nelle brande vicine e mi girai dall’altra parte facendo un gesto con la mano. Dormimmo tutti e tre fino alle dieci del mattino quando ancora un volta ci svegliò una forte raffica di vento. Era deciso ormai, quel giorno non saremmo partiti, si andava a fare lo spettacolo al centro dell’isola con Girovago e Rondella. Guardai fuori dal boccaporto, loro erano già lì sul molo che ci aspettavano col motore del furgone acceso, pronti a partire e cantavano quella canzone francese.| Cinque minuti più tardi viaggiavamo tutti verso il centro dell’isola, pigiati nel furgone pieno di pupazzi e strumenti musicali, cantando tutti in coro e la piccola Rugiada ci osservava dal suo seggiolino, sembrava divertirsi un mondo.
Quando arrivammo al villaggio, di cui purtroppo non ricordo il nome, in cima a una montagna al centro dell’isola, incontrammo il sindaco che ci fece vedere la piazza per lo spettacolo e poi il percorso della parata per attirare gli spettatori.
Montammo un piccolo palco in mezzo alla piazza e Girovago mi diede una| giacca rossa, un cappello nero e delle scarpe da clown, poi ci incamminamo per le vie del paese suonando e cantando mentre Rondella invitava la gente a seguirci con il megafono. In pochi minuti eravamo diventati un corteo. Persone di tutte le età si aggiungevano alla parata e ci seguivano cantando e ballando, tanti bambini e tanti anziani. Ricordo che passammo davanti a un cortile dove due signore che sembravano avere più di ottant’anni, pigiavano l’uva saltellando a piedi scalzi dentro un grande tino di legno.| Dovemmo aiutarle a scendere e poi anche loro a piedi scalzi ci seguirono ballando e lasciando le impronte rosse di mosto sul lastricato.
Giunti alla piazza, salimmo sul palco e il pubblico si mise tutt’attorno in semicerchio. Quando vidi tutta quella gente davanti a me, ebbi l’impressione di svenire, pallido, con le labbra viola, pensai che non sapevo neanche cosa dovevo fare, Rondella mi lanciò uno sguardo rassicurante e riuscii a non cadere, ma ero nel panico totale. Inutile dire che Girovago sapeva il fatto suo, era abituato a fare quegli spettacoli anche da solo e infatti non ci furono problemi. |Ogni tanto, quando cominciava una canzone, ci guardava e allora Sonia ed io lo seguivamo con sax e tromba. Fu un grande successo. Dopo lo spettacolo venne preparata una grande tavolata proprio in mezzo alla piazza, la più lunga tavolata che abbia mai visto e tutti ci sedemmo a mangiare e bere. Dico tutti, dal sindaco ai bambini alle vecchiette scalze, tutto il paese in una tavola e noi eravamo gli ospiti d’onore, gli artisti che avevano messo il villaggio sottosopra. Una delle più emozionanti esperienze della mia vita!
Tornammo al porto ancora pigiati nel furgone e, giunti alla barca, ci |accorgemmo che il vento era calato. Baci e abbracci e questa volta partimmo all’alba come promesso.
Traversammo il mediterraneo in dodici giorni fino a Malaga dove ci fermammo tre settimane per fare cantiere, preparare la barca per la traversata, fare la spesa e tutto il resto. Poi attraversammo l’oceano Atlantico e venti giorni più tardi, quasi due mesi dopo la bella giornata passata con Girovago e Rondella arrivammo in Martinica con le prime luci dell’alba. Il molo era libero e feci subito manovra per ormeggiare e fare i primi rifornimenti dopo la traversata. Il cielo era tutto rosso, la notte stava finendo. |Mentre andavo in retromarcia, Gillo filava l’ancora a prua e Sonia era a poppa pronta a lanciare la cima a terra, vidi un tipo barcollare verso il molo. Un uomo dai colori creoli, la pelle nera e i capelli rossi, ubriaco, ci venne incontro suonando una grossa armonica a bocca. Ballando e barcollando, ma con due occhi svegli e simpatici, mi guardava manovrare mentre suonava su quell’armonica la stessa canzone francese da circo, la colonna sonora dello spettacolo di Girovago e Rondella. Giunto sul molo, non prese la cima, era troppo ubriaco, continuò a suonare quella stessa canzone sorridendomi con |gli occhi vispi, mentre io saltavo a terra, prendevo la cima abilmente lanciata da Sonia e la legavo alla bitta d’ormeggio. Poi quell’uomo improvvisò il finale della canzone, noi cominciammo ad applaudire e lui si allontanò ringraziando e inchinandosi ai nostri applausi come fosse una star. L’uomo scomparve nel parcheggio adiacente al molo di Fort de France. Uscì il sole. Eravamo finalmente arrivati dall’altra parte e meritavamo un giorno di riposo, crollammo a dormire felici nelle nostre brande.
Avrei dovuto capirlo subito che quell’uomo ero io, quella parte di me che già conosceva il percorso dall’acqua |all’aria passando per tutta quella luce, i miei elementi naturali in quegli anni, sapeva anche che era giunta l’ora di esplorare la musica se volevo continuare a crescere. Invece niente, neanche sei anni più tardi quando finalmente riuscii a vendere la barca e andai a stabilirmi a Rodi, Girovago e Rondella mi ospitarono a casa loro, conobbi il loro secondo figlio Timoteo, vidi nascere il terzo figlio Tommaso, partecipai a molti spettacoli dell’ormai famoso Girovago&Rondella Family Theatre, ma non capii che il mio destino era legato a quella realtà di persone che hanno il coraggio di essere se stesse e di| proporre al mondo il loro punto di vista. Dedicai ancora molti anni a cose che non mi interessavano, ma che credevo essere importanti, finalmente guadagnando anche bene, ma sentendo sempre quel fuoco dentro che non mi dava pace, fino a quando un giorno capii e gli diedi ascolto, ecco perché oggi faccio quello che faccio con Felicia in giro per l’Italia. Oggi il Girovago Family Theatre è conosciuto e apprezzato in tutta il mondo. I ragazzi, ormai adulti, partecipano attivamente e con passione all’attività dei genitori, ma hanno anche un loro spettacolo. Girano l’Italia sul loro teatro bus. Tenete gli occhi aperti e li incontrerete prima o poi.